Francesco Borromini

borrominiNato sul lago di Lugano, in Svizzera, nel 1599, Francesco Castelli detto Borromini (dal cognome “Brumino” del secondo marito della nonna), era figlio d’arte, poichè anche il padre era architetto e anche diversi suoi familiari. A 13 anni venne mandato a lavorare al Duomo di Milano ancora in costruzione e lì apprese le tecniche ardite dell’architettura gotica, che gli donarono una straordinaria abilità costruttiva e anche manuale: a 18 anni aveva imparato le tecniche di costruzione così bene da scrivere addirittura un trattato sulle forze degli archi e dei carichi.

Il giovane architetto giunse a Roma forse nel 1614, chiamato dal suo parente Carlo Maderno, allora baldacchino-di-san-pietroarchitetto capo della fabbrica di San Pietro. Da questo momento cominciò a farsi chiamare Borromini, per distinguersi dai numerosi artisti di nome Castelli presenti a Roma. Lavorò assieme a Gian Lorenzo Bernini al baldacchino della Basilica. Oggi si ricorda solo Bernini come autore del celebre Baldacchino, ma in realtà l’idea della copertura a dorso di delfino e le statue in alto furono disegnate da Borromini, e l’intero baldacchino è frutto della collaborazione di numerosi artisti. Già da questa prima opera si intravede quello che sarà lo stile caratteristico dell’architettura di Borromini, completamente opposto a quello del Bernini:

  • prima di tutto, Borromini era solo architetto, mentre Bernini, come abbiamo visto nel paragrafo a lui dedicato, eccelleva in numerose arti; pertanto Borromini potè esprimersi in maniera eccelsa nella tecnica architettonica;
  • Borromini preferiva l’uso di materiali poveri, come i mattoni, i rivestimenti in intonaco bianco e le decorazioni a stucco; Bernini invece usava materiali nobili come i marmi, anche policromi ed il bronzo. L’architettura del Borromini è straordinaria dunque per la bravura tecnica dell’artista, mentre quella del Bernini è più semplice ma più ricca e di effetto visivo;

  • Borromini preferiva utilizzare per le sue chiese delle piante che evidenziassero il ritmo e la contrapposizione tra luci ed ombre, anche perchè spesso non aveva molto spazio a disposizione, a differenza del Bernini; si serviva per questo delle principali figure geometriche, incrociate in modo da avere particolari forme, come la pianta a stella della chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, ottenuta incastrando due triangoli rovesciati o la pianta ottagonale di Sant’Agnese in Agone;
  • Borromini amava in generale le costruzioni ardite, spesso inserite in spazi non molto grandi, come la scala elicoidale di Palazzo Barberini o la lanterna della chiesa di Sant’Ivo alla 515-scala-borrominilanterna-borrominiSapienza; queste costruzioni non erano per tutti, ma più per un pubblico d’elite e per chi amava la spiritualità profonda insita nelle sue opere; infatti Borromini venne molto apprezzato dagli ordini religiosi, mentre il suo rivale, con la chiarezza classica delle sue opere abbellite come voleva la Chiesa, era il preferito del Papa.

Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza

La rivalità con Bernini fu evidente anche nella nomina che Borromini ricevette nel 1632 come architetto responsabile della Sapienza, sede dell’archiginnasio romano che poi divenne università. Bernini infatti spinse per fargli avere quest’incarico, così egli si sarebbe allontanato da lui e avrebbe avuto altri impegni. La realizzazione della chiesa di Sant’Ivo, a partire dal 1642 e fino al 1662, si può sicuramente considerare il capolavoro di Borromini. Partito da un handicap, e cioè dal fatto che parte dell’intero edificio in cui doveva essere inserita la chiesa era già stato costruito, Borromini ne approfittò per trovare una soluzione costruttiva davvero ardita. Due triangoli invertiti e sovrapposti disegnano la pianta dell’edificio, gli incroci delle pareti vengono smussati e morbide curvature modellano l’andamento mosso della cupola, che ripete in alto lo schema della pianta. Tale cupola risulta molto luminosa, per il colore bianco usato e per le sei grandi finestre presenti, oltre al lanternino. L’andamento prima concavo e poi convesso della pianta contribuisce a creare notevoli chiaroscuri. Ma l’invenzione più spettacolare è quella della lanterna. L’agile struttura è come un tempietto dalle pareti concave, da cui si diparte un coronamento spiraliforme: esso sembra avvitarsi nel cielo con un movimento elicoidale, fin quasi a smaterializzarsi nella corona metallica che regge una sfera dorata, a sua volta sormontata dalla croce. Nonostante la maestria tecnica, a quel tempo la lanterna fu considerata eccessiva, il prodotto di una persona dall’indole eccentrica, ostinata e assoluta. Vediamo un breve video su questa chiesa:

Nonostante i notevoli successi professionali, l’artista fu molto tormentato dal punto di vista personale. Nel 1667, mentre ancora lavorava alla splendida facciata della Chiesa di san Carlino alle 4 fontane, sua prima e ultima opera assieme, Borromini si tolse la vita, trafiggendosi con la spada.

Sicuramente Francesco Borromini fu, insieme a Bernini, l’esponente principale del Barocco romano. Venne apprezzato moltissimo non solo in Italia ma anche in Europa. Possiamo vedere un breve riassunto della sua vita e delle sue opere più importanti in questo bel video