Periodo arcaico – pittura vascolare a figure nere e figure rosse

La pittura a figure nere e quella a figure rosse è l’unica testimonianza rimasta dell’abilità pittorica greca. Benchè si conoscano i nomi dei più famosi pittori greci, Zeusi, Apelle, Polignoto e Parrasio, nessuna loro opera è giunta fino a noi, benchè la loro bravura, e a volte anche le loro opere, siano presenti nelle descrizioni di alcuni scrittori. Possiamo farci un’idea dell’abilità pittorica greca soltanto mediante la produzione vascolare, che invece ci è giunta in grandi quantità. Nel periodo arcaico si sviluppa la pittura a figure nere e quella a figure rosse. Esse riscuotono grande successo perchè non presentano decorazioni geometriche come nel precedente periodo di formazione, ma intere scene tratte dalla mitologia o dalle famose battaglie.

Pittura a figure nere

La pittura a figure nere che si sviluppò a partire dal VI secolo a.C. nell’Attica sostituì definitivamente quella corinzia. Ad Atene c’era addirittura un quartiere chiamato “Ceramico”, che si trovava nei pressi del Dipylon, in cui lavoravano centinaia di ceramisti (o ceramografi). L’alta qualità raggiunta dai vasi prodotti fece inorgoglire gli artisti, che cominciarono a firmare le loro opere. Tra gli artisti più famosi troviamo Ergotimo, Clizia ed Exechias. Esisteva la figura del ceramista e quella del vasaio: il ceramista era colui che decorava il vaso, mentre il vasaio era colui che lo preparava. In alcuni casi il vasaio era anche ceramista. La tecnica a figure nere prevedeva che le varie parti del vaso venissero preparate separatamente e poi unite. In un secondo momento il vaso veniva ricoperto di vernice nera, cioè una sostanza argillosa contenente ossido di ferro; la vernice veniva applicata su tutto il vaso ad eccezione della parte che sarebbe stata decorata; grazie ad un carboncino, il ceramografo disegnava la scena e poi stendeva la vernice nera anche all’interno delle figure tracciate. Per ottenere i particolari nelle decorazioni il ceramista graffiva la superficie verniciata con un punteruolo che si chiamava “stilo” e scoprendo in negativo il colore rosso sottostante. A questo punto avveniva la cottura, in tre fasi: nella prima fase l’ossigeno faceva assumere al vaso una colorazione rosso brillante; nella seconda fase, in assenza di ossigeno, il vaso diventava nero, lucido e resistente; nella terza fase, di nuovo con la presenza di ossigeno, la parte centrale del vaso decorata assumeva la tipica colorazione rosso brunastro della terracotta.

Un vaso molto rappresentativo della ceramica a figure nere ed uno dei più importanti è sicuramente il Vaso Francois, dal nome dell’archeologo che scoprì la tomba etrusca con tutto il suo contenuto. Il vaso fu realizzato da Ergotimo e Clizia intorno al 570-560 a.C., è alto 66 cm. ed oggi è conservato al Museo Archeologico nazionale di Firenze. Le dimensioni ragguardevoli del cratere consentirono ai due artisti di realizzare molte scene: sul vaso infatti sono disposte in sei registri orizzontali ben 270 figure, disegnate fin nei minimi particolari, e 121 iscrizioni esplicative. Le scene raffigurano miti diversi e connessi fra loro dalle figure ricorrenti di Achille e Teseo, ma non c’è un unico programma figurativo. Ciò non vuol dire che i soggetti furono scelti a caso: essi infatti costituivano una summa della concezione aristocratica della vita, fatta per chi avrebbe acquistato il vaso. La morale presentata era infatti quella che il successo nelle prove giovanili e il coraggio sul campo di battaglia o la forza e l’abilità dimostrate durante le gare avrebbero portato alla celebrazione di nozze divine, come quelle di Peleo e Teti raffigurate proprio al centro. Possiamo vedere un bel video descrittivo:

Un altro vaso molto importante tra quelli realizzati a figure nere è l’anfora raffigurante sul lato A “Achille che uccide Pentesilea” di Exechias, vasaio attico attivo nella seconda metà del VI secolo ad Atene. L’anfora, alta 41 cm., risale al 540-530 a.C. circa e si trova al British Museum di Londra. Il vaso raffigura Achille che sta trafiggendo alla gola Pentesilea, la regina delle Amazzoni, durante la guerra di Troia. Entrambi i due guerrieri sono vestiti in maniera molto elaborata e raffinata, indice della bravura tecnica di Exechias. Il volto di Pentesilea ed il suo braccio sono colorati in chiaro, ad indicare il personaggio femminile, anche se sul vaso sono presenti i nomi dei due lottatori. La scena è molto equilibrata ed i due personaggi si adattano molto bene alla forma panciuta del vaso. Oltre alle due figure sono presenti alcune spirali calligrafiche. Il lato B del vaso presenta un’altra decorazione: Diòniso con il figlio Oinopìon. 

Pittura a figure rosse

La pittura a figure rosse si sviluppò verso la fine del VI secolo a.C. sempre nell’Attica e sostituì definitivamente quella a figure nere dopo una fase in cui erano presenti vasi con entrambe le tecniche. La tecnica a figure rosse consisteva nel procedimento inverso a quello a figure nere: grazie ad un carboncino, il ceramografo disegnava la scena sul vaso di terracotta; poi ricopriva il fondo del vaso con la vernice nera, risparmiando la parte figurata, che restava del colore rosso-brunastro della terracotta; dipingeva infine i dettagli delle decorazioni con un pennello, con sottilissime linee nere. Poi il vaso veniva cotto. Rispetto a quella a figure nere, il varo realizzato con la tecnica a figure rose poteva essere maggiormente dettagliato, poichè i particolari dei volti, delle membra e degli accessori non erano graffiti ma dipinti a pennello, consentendo la realizzazione di effetti di grande accuratezza.

Un importante vaso realizzato con la tecnica delle figure rosse è il cratere che raffigura la “Lotta di Eracle e Anteo“. Realizzato da Eufronio nel 510 a.C. circa, è alto 46 cm. ed oggi si trova al Museo del Louvre di Parigi. Venne ritrovato in una tomba etrusca a Cerveteri. Esso racconta il mito del gigante Anteo, figlio di Poseidone e Gea, invincibile finchè toccava il suolo con i piedi, poichè la madre, la Terra appunto, lo proteggeva. Eracle, scoperto l’inganno, con uno stratagemma riuscì a sollevarlo e a percuoterlo a morte con la clava. Eufronio rappresenta al massimo la tensione dello scontro: Eracle ha avvinghiato Anteo e si prepara a sollevarlo per ucciderlo, mentre due donne in secondo piano si disperano. Il cratere, oltre alla scena centrale, presenta anche decorazioni di tipo naturalistico.

Un altro importante vaso, sempre realizzato da Eufronio assieme al vasaio Euxìtheos, è il cratere “Il Sonno e la Morte sollevano il corpo di Sarpedonte sotto la direzione di Hermes“. Risalente al 515-510 a.C., è alto 45,8 cm e si trova oggi al Museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma, dopo essere stato illecitamente esposto al Metropolitan Museum di New York dal 1972. Nel 2006 è stato restituito all’Italia. La scena centrale mostra l’eroe troiano Sarpedonte che, dopo essere stato ucciso in battaglia, viene portato dal Sonno e dalla Morte per essere seppellito onorevolmente. Sarpedonte era figlio di Zeus, che invia sul posto Hermes affinchè controlli che i funerali si svolgano nel modo migliore. Ai due lati estremi vi sono i due guerrierei troiani Leodamante ed Ippolito. Conosciamo tutti questi nomi dalle scritte che sono poste a fianco alle figure. Dalla figura enorme di Sarpedonte, grande quasi il doppio delle altre, fuoriesce ancora il sangue. Il disegno di tutta la scena è di una straordinaria nitidezza e freschezza ed anche i colori, benchè sempre limitati al solo rosso e nero, presentano molte sfumature.

In questo filmato vediamo come avveniva la lavorazione del vaso: