Periodo arcaico – architettura

Il periodo arcaico dell’arte greca in architettura si contraddistingue per la nascita del tempio e degli ordini architettonici.

Il tempio

I grandi santuari dedicati alle divinità erano i centri unificatori che permettevano l’incontro fra cittadini di diverse poleis. I greci infatti organizzavano delle feste dette “panelleniche”, dedicate cioè a tutti i cittadini del mondo greco, dove le celebrazioni religiose comprendevano anche gare di atletica, spettacoli musicali e poetici.

Il tempio era l’edificio principale del santuario. Esso si trovava di solito sull’acropoli o in un luogo fuori dal centro cittadino, abbastanza grande per contenere i cittadini che vi giungevano per celebrare le divinità. In principio era costruito in legno o in mattoni, ma questi elementi vennero sostituiti progressivamente con altri, più resistenti e meno deperibili, visto che erano sottoposti alle intemperie e agli incendi: la pietra e spesso il marmo. Il tempio aveva alcuni elementi fondamentali, che sono stati descritti da Marco Vitruvio Pollione, un architetto romano che scrisse “I dieci libri dell’architettura”:

1) il NAOS, cioè la cella dove si trovava la statua della divinità a cui era dedicato il tempio; il naos era la parte più interna e l’accesso era riservato solo ai sacerdoti;

2) il PRONAO, cioè la parte che si trovava davanti al naos;

3) l’OPISTODOMO, una parte del tempio che si trovava al lato opposto al pronao. In principio non esisteva, poi i greci la realizzarono per donare più simmetria all’edificio;

4) la PERISTASI, cioè la distanza, sempre uguale, fra le colonne e la struttura del tempio stesso.

Tutta la struttura era circondata da colonne e la facciata del tempio era sempre rivolta verso est. I templi non erano tutti uguali, ma cambiavano a seconda del numero di colonne  e di come esse erano posizionate. C’era dunque:

il tempio IN ANTIS, dove le pareti del naos si prolungavano in avanti e vi erano solo due colonne nel pronao, posizionate davanti all’ingresso del naos;

l tempio DOPPIAMENTE IN ANTIS, se la struttura precedente si ripeteva anche sul retro del naos; lo spazio retrostante si chiamava opistòdomo;

 

il tempio PROSTILO, se davanti al pronao c’era una fila di colonne. A seconda del numero di colonne che c’erano, il tempio poteva essere definito tetràstilo (4 colonne), esàstilo (6 colonne), eptàstilo (7 colonne), octàstilo (8 colonne), ennàstilo (9 colonne) o decàstilo (10 colonne);

 

il tempio ANFIPROSTILO, se la fila di colonne compare anche di fronte all’opistòdomo;

il tempio PERIPTERO, caratterizzato da una fila di colonne che circondano tutto l’edificio; il tempio DIPTERO, se la fila di colonne che circonda l’edificio è doppia;

il tempio PSEUDOPERIPTERO, dove le colonne perimetrali sono sostituite da semicolonne addossate al muro; il tempio DIPTERO, dove è presente una sola fila di colonne, poste a tale distanza dal muro che ve ne potrebbe essere inserita una seconda, oppure dove vi è una fila di colonne e una fila di semicolonne addossate al muro;

il tempio MONOPTERO, che presenta una pianta circolare e dove le colonne perimetrali non delimitano il naos, che è assente;

 

il tempio A THOLOS, sempre a pianta circolare, dove il naos è di forma circolare

 

Gli ordini architettonici

I Greci costruivano i templi mediante rapporti proporzionali ben precisi: unità di misura era il diametro della colonna, su cui poi si basava l’altezza delle colonne, la distanza fra di loro e tutte le altre dimensioni degli altri elementi che componevano il tempio. A seconda dell’epoca e della zona geografica, i Greci crearono regole diverse, basate su geometrie precise e calcoli matematici, per stabilire la forma delle colonne e il tipo di decorazioni, (che dovevano essere in proporzione con tutti gli altri elementi). Gli ordini erano tre: l’ORDINE DORICO, l’ORDINE IONICO, l’ORDINE CORINZIO.

ORDINE DORICO

L’ORDINE DORICO è quello più antico. Si chiama così perchè venne realizzato a partire dal VII secolo a.C. dai Dori. Si diffuse principalmente nel Peloponneso, nella Magna Grecia e in Sicilia. Poichè si presentava semplice, ma solido e massiccio, Vitruvio, nel descriverlo, lo paragonava alla forza e all’eleganza del corpo di un uomo.

Come vediamo  nello schema a fianco, il tempio dorico non si appoggia direttamente a terra, ma è separato dal terreno con tre o più gradini, detti crepidòma, su cui si poggia lo stilòbate. La colonna non ha la base. Essa si divide in due parti: fusto e capitello. Il fusto non è mai intero, ma si compone di varie parti, dette “rocchi”, unite tra di loro da perni centrali di bronzo; esso inoltre è rastremato, cioè va restringendosi dalla base alla cima, e scanalato (presenta cioè 20 scanalature, che sono dei solchi verticali di forma semicilindrica, accostate una all’altra a formare degli spigoli vivi). Il fusto presenta al centro una specie di rigonfiamento, detto “entasis“, che permette una correzione ottica della colonna. Essa infatti, vista da lontano, sembrerebbe troppo sottile. Il capitello si compone di due parti: echìno e àbaco. L’echìno è la parte inferiore e somiglia a un catino rovesciato, mentre l’àbaco è la parte superiore e somiglia ad un parallelepipedo molto schiacciato.

L’insieme degli elementi strutturali e decorativi che si poggiano sulle colonne prende il nome di “trabeazione“. Essa si divide in tre parti: architrave (l’elemento strutturale per eccellenza, che collega tutte le colonne e sostiene le parti superiori; è liscio), fregio (elemento decorativo posto al di sopra dell’architrave; è composto a sua volta da mètope e trìglifi. Le mètope sono delle lastre di pietra poste tra lo spazio che si creava tra una trave e l’altra; sono decorate con scene mitologiche. I trìglifi sono elementi con tre scanalature posti davanti alle teste delle travi lignee, per proteggerle dalle intemperie) e cornice (elemento che sta sopra al fregio e sporge su di esso, così da proteggerne le decorazioni).

Il tetto del tempio è a due falde, realizzato con tegole piane sormontate alternativamente da coppi (tegole lunghe e strette di forma curva o triangolare). Per evitare che i coppi scivolino, si mettono davanti degli elementi decorativi detti antefisse, che li bloccano. Sui lati corti del tempio le due falde di copertura formano una parte triangolare, detta timpano; l’insieme del timpano e delle cornici soprastanti forma il frontone. Alla sommità del frontone e ai suoi due vertici laterali sono collocati degli elementi decorativi detti acrotèri.

Esempi di templi dorici sono l’Heraion di Olimpia, dedicato alla dea Era, il tempio di Atena Aphaia ad Egina ed i templi di Paestum, nome latino con cui oggi è nota l’antica Poseidonia, città dedicata a Poseidone. I templi erano colorati. Oggi il colore è venuto via, ma sono rimaste delle tracce, che hanno permesso agli studiosi di ipotizzare come poteva apparire un tempio. In questo video una panoramica sui templi di Paestum:

ORDINE IONICO

L’ORDINE IONICO si sviluppa quasi contemporaneamente al precedente, con un leggero ritardo. Si chiama così perchè venne realizzato dagli Ioni. Di origine orientale, dato che gli Ioni avevano occupato l’Asia minore fondando importanti colonie (Mileto ed Efeso), è diverso da quello dorico. Si diffuse principalmente nelle isole Egee, nell’Attica, ma anche nella Magna Grecia. Poichè si presentava slanciato ed aggraziato, Vitruvio, nel descriverlo, lo paragonava alla figura femminile.

Come vediamo nello schema a fianco, la colonna non poggia direttamente sullo stilobate ma ha una base formata da tre parti: toro, trochilo e toro. Il fusto della colonna è sempre rastremato e scanalato, ma le scanalature invece di 20 sono 24, così da sembrare ancora più slanciata e snella. Il capitello è l’elemento che più caratterizza l’ordine ionico, perchè è formato da un echino con ovoli e dardi al centro e da due morbide volute a lato e da un abaco sovrastante, a pianta quadrata ma di spessore molto limitato.

Per quanto riguarda la trabeazione, c’è da dire che l’architrave è tripartito, il fregio è continuo e la cornice è simile a quella dell’ordine dorico. Anche i rimanenti elementi sono simili a quelli dell’ordine dorico. Esempi di templi ionici sono l’Heraion di Samo e l’Artemision di Efeso, che era una delle sette meraviglie dell’architettura.

ORDINE CORINZIO

L’ORDINE CORINZIO si sviluppa nel V secolo a.C., quindi un secolo dopo i precedenti. Si chiama così perchè si sviluppò nella città di Corinto. Essendo troppo elaborato, venne poco usato dai Greci. Vitruvio lo paragonava alla bellezza delle figure delle fanciulle, che tendono ad essere gracili, visto che questo stile presentava colonne molto snelle e troppo alte in proporzione.

Come vediamo nello schema a fianco, anche nell’ordine corinzio la colonna non poggia sullo stilobate. A volte è presente un plinto, che la rialza ulteriormente, e su di esso si appoggia la base vera e propria. La colonna è come quella ionica, rastremata e scanalata, con 24 scanalature come nell’ordine ionico. Quello che però maggiormente caratterizza l’ordine corinzio è il capitello: formato da un nucleo a forma di cono, intorno al quale si dispongono le foglie d’acànto, organizzate su due livelli. Tutto il resto è simile a quello dell’ordine ionico. Esempi dell’ordine corinzio, che si sviluppa soprattutto durante il periodo ellenistico (non appartiene infatti al periodo arcaico come gli altri due, ma per completezza di informazioni viene trattato qui), sono l’Olympieion di Atene e il tempio di Apollo a Dìdime.

Dal filmato sottostante possiamo avere una visione d’insieme dei vari ordini.Â